martedì 8 aprile 2008

Il buon vecchio Frank la sapeva lunga

Alla faccia del diario di bordo! Non riesco nemmeno a mantenere una scadenza mensile, ma noto con un po' di sollievo di non essere l'unico che fatica a trovare il tempo per sedersi e mettersi a scrivere. Ho due novità e una l'ha già anticipata Matteo: sono il nuovo cantante dei... Ehm, al prossimo post spero di avere un nome, per ora li chiamo ancora Black Harlequin! Abbiamo iniziato da poco, ma stiamo ingranando; aleggia una sintonia quasi inebriante e che, al di là di gerarchie non scritte che fanno un po' sorridere, potrebbe tracciare un buon percorso musicale. Io, ovviamente, cercherò di fare del mio meglio, magari iscrivendomi finalmente a canto, ma mi sento ancora "in prova" per cui non voglio peccare di superbia credendomi già membro della band a tutti gli effetti. Mi aspetto sempre che un mercoledì qualunque, in sala prove, Raska mi dica: "Tia, mi dispiace, ma c'è troppo Scott Stapp in te e io cerco la risposta italiana a Jonathan Davis!". By the way, ho già preparato 4 cover e sto studiando le linee vocali della nostra prima canzone, visto che tra non molto inizieremo il nostro piccolo tour tutto veneto. L'altra novità è che prossimamente inizierò a lavorare per un'azienda che collabora con l'università. Aspetto esaltante: supervisionerò tutta la linea produttiva e condurrò test di compatibilità elettromagnetica su tutti i loro prodotti - l'azienda costruisce apparati per trasmissioni satellitari e ha un laboratorio di ricerca&sviluppo all'avanguardia - per ottimizzare la produzione; Aspetto deprimente: l'azienda è a Farra di Soligo che significa che dovrò ipotecare due ore al giorno della mia vita in sella al mostro... perché se andassi in auto, col traffico imperante nelle ore di punta, sarebbe da spararsi!
...Son stato interrotto dall'ennesima telefonata del dott. X... Lavoro, lavoro e lavoro!!!
Sono stanco, tra poco andrò a letto...



Frank: Un bravo poliziotto fatto fuori senza motivo da una banda di codardi teppisti...
Ed: Non è così che deve morire un uomo!
Frank: Hai ragione Ed. Un paracadute che non si apre: questo è un bel modo di morire! O restare intrappolato tra gli ingranaggi di una macchina! O un lappone che con un morso ti strappa le palle! È così che me ne voglio andare!

[tratto da "Una pallottola spuntata"]

giovedì 28 febbraio 2008

Ho solo un'amica: la verità.

Periodo di priorità, riflessioni, scelte, occasioni, forse perdute - l'ho vista, ma non l'ho fermata. Ho poche cose da raccontarvi, se non che sono alla continua ricerca della felicità. Ma questo, voi che mi conoscete più di altri, lo sapete già. L'impegno politico è stringente, incessante, avvincente e non escludo che sia il mio futuro. Sto imparando molto da persone che fino a poco tempo fa non avevano mai incrociato la mia vita, se non forse da pendolari incazzati sul mio stesso treno, eroici pedoni alla fermata di un bus nella giornata ecologica, rassegnati risparmiatori al supermercato dietro l'angolo, per caso. Sto aprendo gli occhi e vorrei che li apriste anche voi, ma mi rendo conto che se non si fa parte di questo mondo, se ci si accontenta di leggere pseudoverità sui giornali o di origliare di fronte ad un piatto di spaghetti - panacea di ogni male - distorte notizie ventriloquate attraverso improbabili mezzobusti, beh, si è lontani non solo, evidentemente, dalla verità, ma da ogni anche vana ricerca di essa. Vedete solo la punta di un iceberg che sta congelando il sangue tiepido dell'Italia, un ghiaccio bruno che fa breccia fra le crepe della nostra terra, della nostra gente, e che ci sta uccidendo come un cancro. Difficile tirarsene fuori dicendo 'meglio non sapere', 'preferisco restare fuori dalla politica', disprezzare, accusare, protestare, magari astenersi dall'esercitare la più grande conquista della democrazia: il voto. No, amici, restate svegli! Vi prego, cercate, trovate e opponetevi alla schiavitù dei preconcetti, delle false ideologie, della propaganda!

"Parafrasando quello che dice Thoreau: non l’amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia, datemi la verità!"

(C. J. McCandless - Into the Wild).

La verità nel sapere chi sono.

La verità nel ricordare da dove provengo.

La verità nel chiedermi dove mi stanno conducendo i miei passi.

La verità nel conoscere chi viaggia con me, quando non viaggio da solo.

La verità nel riconoscere chi mi è amico.

La verità nel capire se è Lei e se ha bisogno di me.

La verità nella mia preghiera.

domenica 11 novembre 2007

La figlia del vento

Illuminato dal sole, il rivolo rosso rubino scivolò lentamente dalla bottiglia e si adagiò sul calice che tenevo tra le dita. Nudo prigioniero del cristallo, il vino dondolò dolcemente sotto i miei occhi. Lo feci roteare, in un’ultima danza, liberando frammenti di luce violacea ed un profumo, intenso, che ridusse a poco a poco i miei sensi alla sola memoria di un tempo lontano. Appoggiai le labbra alla coppa e socchiusi gli occhi. In quel primo sorso, come in una pellicola in bianco e nero che prendeva colore, rividi la sua immagine e udii le voci della gente attorno a me. Avevo undici anni quando Anita comparve nella mia vita. E fu un vento che agitò le acque della mia anima. Era una domenica, la prima dopo la vendemmia, e tutto il paese era sceso in piazza per la Festa della Pigiatura, una tradizione antica e di buon auspicio per il vino nuovo. Io assistevo per la prima volta a quel rito rimasto inalterato nei secoli. La piazza era gremita di gente ed io, con una statura che rendeva poca giustizia alla mia età, mi limitavo a seguire il nonno che si faceva strada tra mura di corpi. I suoi occhi azzurri quel giorno brillarono come il mare quando è increspato dal vento in una giornata di sole: la vita nei campi, i giorni gratificanti del raccolto e le feste paesane erano tutta la sua vita. Improvvisamente fui invaso da un frastuono di grida e applausi, accompagnati dal rullo dei tamburi e dal riverbero assordante dei cimbali. Eravamo un’unica membrana di pelle viva che vibrava sotto le percosse dell’euforia contadina. Chiesi a mio nonno cosa stesse accadendo e lui mi disse che era arrivata la giovane che avrebbe pigiato l’uva. Poi, strizzandomi l’occhio, mi disse di prepararmi, perché di lì a poco avrei visto la più bella ragazza del paese. Era la prima volta che il nonno si abbandonava ad una confidenza come quella, lui che era sempre stato così riservato. Io ero in quell’età in cui le donne non sono ancora una tentazione, ma piuttosto un’innocente curiosità cui ci si avvicina più per caso che per propria volontà. Quando la vidi, però, il mio cuore di ragazzino ebbe un sussulto mai provato prima. I suoi lunghi capelli neri, gli occhi scuri come quegli acini d’uva matura che alzava benevola al cielo, quel sorriso acerbo, ma spietatamente sensuale: a parole non sarei in grado di descriverne la bellezza. So solo che quel giorno, in quel preciso istante, Grazia ed Eros si amarono in lei di un amore senza tempo. È quella l’immagine che più amo ricordare di Anita: un’Afrodite contadina che danza sull’uva morbida con le movenze delle donne gitane, mentre un vento andaluso scuote il suo vestito bianco scoprendole le gambe e accarezzandole i capelli, come fosse una mano invisibile. Come fosse la mia mano.

martedì 6 novembre 2007

HAIKU #2 - Foglia d'Autunno -

Cullala vento
nel dolce breve sognar
d'umida terra

giovedì 1 novembre 2007

RES POPULI

Cari amici,
da poco sono stato eletto delegato di zona nella mia municipalità e questo anche per merito di alcuni di voi. Chi mi conosce bene sa che, sin dagli anni del liceo, ho sempre nutrito una viscerale affezione alla res publica, maturando per mio conto nel tempo un’educazione civica ispirata a quell’idea di uomo libero sognata dalle migliori menti del liberalismo ottocentesco. Ieri sera mi trovavo vis-à-vis col dott. X per parlare di quelli che saranno i nostri innumerevoli impegni futuri. Ascoltavo entusiasta questo anziano signore – quando l’ho definito cautamente “saggio” mi ha detto di chiamare le cose col loro nome – mentre mi parlava dei problemi che affliggono da decenni il nostro quartiere e che negli ultimi anni si sono acuiti, portando la sopportazione dei cittadini ai minimi storici. Leggevo nei sui occhi una passione giovanile, una forza nuova, ma sostenuta da numerose primavere vissute lottando contro quel sistema schiavo dei poteri forti che ci opprime come l'afa, contro una macchina statale inefficiente e farraginosa in cui perversa una burocrazia che è paravento dell’inettitudine e della negligenza di molti. Una LAN di responsabilità in cui si scaricano le proprie colpevolezze sulle spalle degli altri, in un circolo vizioso e viziato. In questo farmacista e farmacologo dal fine intelletto e dall’invidiabile caratura morale, che ha girato tutto il mondo smaliziando ogni residuo della propria perduta ingenuità, ho intravisto un mentore da seguire nel lungo cammino che ho intrapreso. Dico lungo perché sento nel cuore un fuoco vivo, una passione che difficilmente si spegnerà. Appena eletto una signora mi si è avvicinata e mi ha parlato dei problemi di illuminazione e pulizia che affliggono da anni la via in cui abita: mi ha detto di avermi votato e che si sarebbe ricordata il mio nome se non avessi fatto nulla per lei. Il suo monito non mi ha preoccupato, anzi, mi ha motivato con una voglia inderogabile di responsabilità per provvedere alle sue esigenze e a quelle di tutti i miei concittadini. Ci sarà da lottare, forse anche contro dei mulini a vento. Io, poi, non ho nemmeno una tessera politica – forse anche per questo il dott. Lucchetta ha tanto apprezzato il mio accorato fervore nel voler cambiare il volto del nostro quartiere – e sono sostenuto dalla mia piccola “lista civica”, da quelle persone residenti nel mio quartiere che sono stanche di vedere che le cose non cambiano mai. Che non ce la fanno più di vivere in un paese in cui le promesse vengono disattese con una naturalezza disarmante, declassando immoralmente persino la propria parola d’onore ad artificio politico. Penso che il vero processo di schiavizzazione di un uomo avvenga dapprima nella mente e che si estenda solo in un secondo tempo alle privazioni del corpo. Io non sarò mai schiavo della corruzione e dell’inettitudine di certa classe politica, e queste mie parole ne siano testimonianza per i posteri. Non vivrò mai una vita scevra dal senso del dovere, spoglia di quell’educazione civica che mi vede ora in prima fila a lottare per i diritti della mia famiglia e dei miei concittadini. A combattere per difendere le nostre case, per tutelare le nostre libertà, per dar voce alle nostre esistenze. Destatevi, figli d'Italia, perché il sonno della democrazia produce schiavi!
So, cari amici miei, cha d’ora in poi dovrò togliere alle nostre amicizie del tempo per poterlo spendere proficuamente per il bene del mio quartiere; un quartiere sempre più in degrado, dove basta una pioggia sopra le medie stagionali per finire sott’acqua e vedere sepolta dalle fogne la propria casa. Un quartiere dove non vengono garantiti i servizi fondamentali che un cittadino paga con le fatiche del proprio lavoro, ma dove invece la vita viene mantenuta costantemente sotto la soglia del decoro e della sicurezza.
Da oggi, amici miei, mi batterò perché il volto di Mestre possa ritornare a sorridere. Da oggi, se mai fosse possibile, sarò ancora di più vostro amico.
Mattia

sabato 27 ottobre 2007

Stella d'Ottobre

Se avesse potuto scegliermi una sorella

il mio cuore ti avrebbe scelta fra tutte;

se gli chiedo di indicarmi un’amica speciale

mi risponde che è in te che la posso trovare.

Se solo lui potesse viaggiare nel tempo

trasformerebbe i nostri litigi in abbracci.

Non aver dubbi mai su queste mie parole

perché a dettarmele è il mio cuore sincero

e c’è solo un’altra persona al mondo

a cui potrei ripeterle e dar loro senso:

la tua amica e sorella Marta.

Auguri, mia piccola Stella d’Ottobre,

dalla profonda infinità del mio cuore.

venerdì 26 ottobre 2007

Emotional landscape

Eccomi. Dietro di me solo una scia di orme che giace su una distesa marmorea di sabbia. Sopra la mia testa i quattro eserciti delle nuvole si spartiscono gli ultimi lembi di cielo: i Bianchi Arceri arrivati da Est si sono disposti uno accanto all’altro con gli archi tesi e pronti a colpire. Da sud marcia inesorabile la Legione del Vento Nero, mentre a Nord tuona il grido di guerra di un'orda di Nembi. Guardo ad Ovest, ma sono ancora lontani. Presto arriverà l’esercito della Falce Grigia e inizierà una nuova battaglia per la conquista del tetto del mondo. Molti cadranno prima del sorgere del nuovo sole e altro sangue si spargerà, ma sarà servito a nutrire la terra. Seduto sulla sabbia umida osservo il volo di una coppia di gabbianelle che si librano tra cielo e terra. Lei e lui, ne sono certo. Lei è quella che è appena scesa a lambire le onde che giocano a rincorrersi sulla superficie del mare, incalzate dal vento. Lui, dietro, la segue istintivamente, fendendo l’aria con il becco ad ogni virata. Quanto starà penando, penso. Ma poi mi rendo conto che loro non hanno peso, come non lo hanno due onde d'aria, ed ogni movimento, anche il più repentino e brusco, sembra non costare fatica. Un timido tramonto sta cedendo il passo alla luna, ma scende lento. Ora è fermo. Anche lui, come me, osserva al di là del mare il loro amore. Non v'è dubbio che si amino, non v'è dubbio. Nemmeno l’Apocalisse potrebbe interrompere il loro corteggiamento, né il nero della Notte dei Tempi impedirgli ora di guardarsi. Una brezza salmastra inquieta la mia anima: ho voglia di volare. In fondo non c'è nessuno, non vedo perché non farlo. E poi tra un po’ scoppierà il diluvio e tutti cercheranno riparo nelle loro case. E se anche mi vedessero? Pensino pure di me che sono pazzo, tanto, in fondo, sono il primo a crederlo. Apro le braccia e osservo le estremità delle mie mani; come vorrei che un bianco piumaggio di gabbiano le ricoprisse. Tendo le dita, forte, e tento di allungarmi oltre i limiti del mio corpo. Ci sto stretto, io, qui dentro. Giro i palmi delle mani al vento e le sento gonfiarsi come le vele di un vascello. Chiudo gli occhi e non sento più il peso delle mie membra mentre il pensiero si libra oltre la ragione. Voglio essere un uccello e non subire più le catene della gravità: devo diventare vento. Voglio essere l’aria, galeotta, che sorregge il volo di quei due gabbiani, per scendere con loro in picchiata increspando le onde del mare. Voglio essere il mare, che nulla teme, nemmeno il giorno in cui non potrà più abbracciare la terra. Voglio essere i suoi abissi e le sue onde. Voglio essere acqua: un principio primo. Voglio essere, semplicemente, l’eterno del Creato.

E me ne sto seduto al limite del mare,

ne prendo le distanze per osservare

il moto perpetuo delle sue onde

gioco di richiami, di rilasci: sponde

ove rimbalza, molle, la mia ragione.

Archi perfetti sulla sabbia scura

sono un’impronta d’eterno:

una parola scritta infinite volte.

Ma è una scritta sulla sabbia che svanirà come le orme dei miei passi.